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La Madonna con bambino al centro della volta
stellata |
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La suddivisione dello
spazio stellato della volta in due campi perfettamente uguali, in ognuno
dei quali brillano come astri di inusitata grandezza la Vergine, madre
e regina, (nel campo vicino all'ingresso), e Cristo Benedicente, rende
immediatamente
il senso del ruolo attribuito in quella chiesa alla Madonna che, intermediaria
nei confronti del Figlio e tramite pertanto della Salvezza, è la
vera protagonista del ciclo. Un significato confermato dallo sviluppo
eccezionale, almeno nell'ambito della pittura monumentale d'Occidente,
delle scene che ne narrano le vicende prima e dopo la nascita, occupanti
l'intero registro superiore e gran parte della parete dell'arco trionfale,
nonché la sua reiterata presenza sulla controfacciata, in atto
di ricevere la Cappella dal peccatore pentito (Santa Maria della Carità)
o di guidare le schiere dei beati verso la ricompensa eterna. Tale intenzione
si dichiarava d'impatto al visitatore che entrava nella Cappella, il quale
era subito attratto dalla rappresentazione dell'Annunciazione sull'arco
trionfale, di dimensioni inusuali per l'inserimento dell'episodio (rarissimo)
della Missione dell'annuncio a Maria.
La rappresentazione del Giudizio Universale sulla parete di fronte mette
istantaneamente in rapporto l'inizio e la fine della vicenda principe
nell'esperienza di ogni buon cristiano: la salvazione.
Poiché i misteri legati a quest'ultima richiedono una raccolta
meditazione, Giotto impone un percorso mentale che è anche movimento
fisico, disponendo gli episodi della vita della Vergine e di Cristo in
una sequenza narrativa tale che il riguardante è sollecitato ad
andare su e giù per ben tre volte prima di arrestare lo sguardo
dinanzi all'altare. Da qui, per decidere del proprio comportamento, dopo
il memento mori delle due cappelle funerarie dipinte, al visitatore non
resta che considerare i percorsi alternativi configurati nelle due pareti
dalla sequenza dei sette Vizi e delle sette Virtù: i primi, sulla
parete settentrionale, conducono - con un crescendo che culmina nello
Disperazione penzolante impiccata - all'Inferno; le altre, culminanti
nelIa Speranza levata in volo, terminano nella zona destinata ai beati.
Rispondenze
Vizi e Virtù si corrispondono dalle due
pareti secondo il criterio dell'abbinamento dei contrari, lo stesso che
è possibile riscontrare in altre zone deIIa Cappella, la più
nota delle quali è quella che ospita, nella parete nord, dieci
piccole scene tratte dal Vecchio Testamento che istituiscono con le contigue
Storie di Cristo rapporti di 'prefigurazione'.
Questi accostamenti sono fondati sul solo significato (letterale o allegorico
che sia), altri sfruttano rispondenze di carattere più complesso
e anche specificamente formale, a cominciare dal 'parallelismo' scoperto
circa mezzo secolo fa dall'Alpatoff, uno tra i maggiori studiosi di Giotto,
tra numerosi riquadri della vita di Cristo. Ma la quantità (e la
novità) dei richiami istituiti da Giotto a tutti i livelli è
incredibile.
Dopo aver attirato l'attenzione del riguardante sulle contrapposte immagini
della ingiustizia e della Giustizia ponendole a metà delle rispettive
sequenze e pertanto al centro delle due pareti, e facendo in modo che
il fregio di mensoline dipinte in prospettiva diventi perpendicolare in
corrispondenza delle due figure, egli riafferma in maniera inconfutabile
la superiorità della Giustizia sulla sua antagonista mostrandola
assisa in trono come il Cristo giudicante, rendendo pertanto evidente
il concetto della giustizia terrena come riflesso di quella divina.
Allo stesso modo il ricorso ad elementi architettonici dipinti (soprattutto
l'arco) romanici o gotici non è lasciato al caso o alle esigenze
compositive dei singoli riquadri, ma è fatto secondo il ferreo
criterio in base al quale gli elementi romanici compaiono soltanto nelle
scene precedenti all'Incarnazione e quelli gotici nei riquadri che rappresentano
avvenimenti posteriori a quell'evento.
La figura umana è l'elemento predominante anche quantitativamente.
I corpi, ed in particolare i volti, vengono presentati in tutti i modi
possibili: di profilo, di fronte, di spalle, di tre quarti, dall'alto
in basso e viceversa. La reintroduzione del profilo nella rappresentazione
del corpo umano dopo secoli di presentazione di un corpo frontale con
testa girata ad indicare che si intende raffigurare una figura di profilo,
è stata a ragione giudicata come una delle più importanti
conquiste di Giotto: tra gli esempi più sintomatici, quello del
Giuda del Tradimento ed il ritratto del committente (per inciso, un'altra
" invenzione" di Giotto).
Giotto, poi, si serve sistematicamente e diffusamente di motivi ricorrenti
anche per caratterizzare un dato personaggio in maniera inequivocabile.
Si tratta dei colori impiegati nei panneggi che aspirano anche ad evidenziare
il carattere del personaggio che li indossa ( tipico il caso di Giuda
dal profilo camuso di giudeo e dal manto giallo, colore del tradimento)
e dei 'tipi facciali', che definiscono non mere fisionomie ma viventi,
seppur tipici, caratteri.
È interessante al riguardo il procedimento impiegato da Giotto
nel far assumere a più di un personaggio in momenti successivi
lo stesso 'tipo facciale': è il caso, per esempio, di Giuseppe
che assume il volto di Gioacchino quando questo non compare più,
per poi cederlo a Pietro. Va subito chiarito, anche a ulteriore riprova
della vigilissima attenzione del maestro (nonché della sua mancanza
di pedanteria), che ai personaggi maggiori, soprattutto quelli che vengono
rappresentati dalla nascita alla morte (Cristo e la Vergine), egli attribuisce
anche colori di abito diversi a seconda dell'età e delle situazioni
in cui vengono a trovarsi.
La visione prospettica
Negli affreschi dell'Arena Giotto mostra una padronanza
eccezionale dello strumento prospettico, lasciando un campionario di prove
impressionante per varietà e maturità di risultati. Nessuno
infatti potrebbe immaginare che lo stesso artista che ha creato con le
due cappelle funerarie una prospettiva che a lungo è stata ritenuta
miracolosamente "rinascimentale" non fosse in grado di trattare
nello stesso modo la rappresentazione dell'edificio "geminato"
in cui avviene l'Annunciazione.
Giotto utilizza la prospettiva con la stessa libertà con cui si
serve degli strumenti tecnico-formali, selezionandoli e subordinandone
l'uso all'effetto che intende raggiungere.
Le desunzioni (dirette o mediate) da prototipi
di plastica classica allora reperibili sono piuttosto numerose nell'opera
di Giotto, soprattutto se si tiene conto dell'epoca in cui egli opera.
Si può inoltre plausibilmente supporre, ed è questo l'aspetto
fondamentale, che questi riferimenti gli siano serviti da stimolo insostituibile
per un diverso modo di porsi il problema della percezione e della resa
della singola immagine nonché del rapporto delle immagini fra loro
e rispetto ad un piano di riferimento. Al sistema di regole codificato
dalla tarda tradizione bizantina egli oppose pertanto, un sistema radicalmente
diverso, rendendosi conto che per rispondere a nuove esigenze e valori
non potevano bastare i tentativi di " riforma interna" esperiti
da altri grandi artisti.
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