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Problemi e soluzioni; Il percorso sperimentale

Inserito in Cenacolo - Leonardo Da Vinci

L' attuale intervento di restauro e conservazione del Cenacolo Vinciano, l' ultimo di una serie di sette dal 1726, ha costituito per gli addetti ai lavori un momento particolarmente significativo di ricerca e di conoscenza, perla complessità dei quesiti legati alla composizione e struttura dell'opera, nonchè ai parametri chimici e fisici caratterizzanti l' ambiente del Refettorio.

 

Problemi e soluzioni; Il percorso sperimentale

L' attuale intervento di restauro e conservazione del Cenacolo Vinciano, l' ultimo di una serie di sette dal 1726, ha costituito per gli addetti ai lavori un momento particolarmente significativo di ricerca e di conoscenza, perla complessità dei quesiti legati alla composizione e struttura dell'opera, nonchè ai parametri chimici e fisici caratterizzanti l' ambiente del Refettorio.

Infatti le tecnica utilizzata da Leonardo apparve, fin dalle prime analisi chimiche di Kuhn( v. Pancella) nel 1981, particolarmente complessa, mentre le misure microclimatiche, acquisite dal CNR nel 1979, caratterizzarono la Sala del Cenacolo, senza però stabilire i meccanismi di correlazione tra degrado della superficie pittorica e parametri ambientali e della qualità della aria. La stessa successione di interventi rappresentò un ulteriore elemento di difficoltà, avendo i passati restauri " inquinato " gli strati pittorici, l' imprimitura e fin la preparazione con consolidanti – fissativi - protettivi di vario genere, spesso della stessa natura dei materiali ipoteticamente utilizzati da Leonardo, che avevano avuto modo di distribuirsi nella struttura interna del dipinto attraverso le fittissime craquelures che interrompono la continuità superficiale ; a ciò và aggiunta l' azione di solventi reattivi del passato in grado di provocare trasformazioni chimiche di componenti degli strati pittorici originali, e l'utilizzo di solventi drastici e di materiali di restauro in grado di determinare un' azione di "reforming" degli stessi strati pittorici originali.

Il primo compito dell' analista diventava così quello di distinguere nei vari livelli del dipinto i medium originari dai materiali di restauro, quali gli oli siccativi, la colla animale e il caseinato, le resine naturali, la gomma lacca, le resine sintetiche etc.

Storicamente le prime analisi chimiche accertate risalgono al Kramer nel 1851 che diede indicazioni in parte errate o comunque generiche, stanti i limitati mezzi scientifici dell' epoca; le prime analisi ambientali risalgono al 1898-99, a cura del Prof. Murani del Politecnico di Milano (v. Dassù, Piazzesi).

Da allora sono stati compiuti molti studi e ricerche con il compito di approfondire la conoscenza sul dipinto e caratterizzare l' ambiente del Refettorio, seguendo un classico percorso chimico-fisico; tuttavia soltanto alla fine degli anni '70 ha inizio una serie ininterrotta di analisi, misure e controlli che si potrebbe definire risolutiva dei tanti quesiti e problemi irrisolti : dopo circa venti anni le analisi chimiche hanno avuto termine, mentre la campagna del microclima, le misure in continuo del particellato atmosferico e i controlli strutturali continuano, anche dopo l' intervento di restauro, per un' azione di salvaguardia. Quale è stato dunque lo scopo, in termini più precisi, di questa ventennale attività di ricerca applicata? E' stato quello di approfondire la conoscenza:       

  •  a. dei bilanci idrici e termici fra dipinto e aria ambiente
  •  b. dei meccanismi di concentrazione, trasporto e deposito sulla superficie degli inquinanti    
  •  aerodispersi
  •  c. della composizione organica ed inorganica degli strati del dipinto e della localizzazione e   
  • riconoscimento dei materiali di restauro, fino a tentare di individuare le cause dei tensionamenti     
  • che hanno determinato la formazione di un fitto e complesso intrico di craquelures intersecanti la 
  • superficie pittorica.
  • d. di controllare i cedimenti e le deformazioni in fieri della struttura muraria del Cenacolo, non  
  • ammorsata alla parete est e gravata dal peso del tetto ricostruito dopo il bombardamento della 
  • seconda guerra mondiale.

Inoltre analisi e misure dovevano in qualche modo affiancare il restauro pittorico in corso e fornire alcune indicazioni operative nella scelta dei solventi per la pulitura e nella definizione delle specifiche prestazionali dell' impianto di condizionamento e filtrazione dell' aria previsto per la Sala del Cenacolo.

 E passaggio dal passato approccio, generico e più descrittivo dello stato della superficie che realmente diagnostico, ad uno dettagliato e semiquantitativo, non è stato tuttavia, a partire dalla fine degli anni '70 ad oggi, del tutto lineare e sistematico, soprattutto per quanto riguarda le analisi chimiche atte a riconoscere i componenti originali e quelli di restauro del dipinto.

 E ciò per due motivi

1. La scarsa diffusione e l' ancora incerto sviluppo delle Prove non Distruttive non ha consentito all' inizio di eseguire una campagna di misure finalizzata a selezionare, in via preventiva, le aree più rappresentative, sulle quali eseguire poi una campagna, limitata e mirata, di campionamenti microdistruttivi.

In mancanza di tale approccio è ovvio che la grande varietà materica visibile anche in superficie e la complicata tipologia del degrado, in parte mascherata da pesanti ridipinture, hanno indotto inevitabilmente il chimico e il restauratore ad ampliare la gamma dei campionamenti, nel tentativo di esplorare, in maniera sufficientemente esauriente, un manufatto di così notevole ed evidente complessità ed eterogeneità.

2. I primi tentativi di identificare i componenti dei vari livelli del dipinto hanno dato risultati parzialmente insoddisfacenti, per la mancanza di apparecchiature in grado di eseguire una "esplorazione" stratigrafica dell' opera, principalmente per quanto riguarda i componenti di natura organica.

In tal modo, evidentemente, è stato inevitabile che con lo sviluppo di nuove tecnologie e strumentazioni analitiche si sia posta, doverosamente, la necessità di eseguire altri prelievi, per ottenere dati sperimentali non più d' insieme, ma potremmo dire selettivi, strato per strato: solo un tale procedimento avrebbe infatti consentito di distinguere, in base a precise localizzazioni, i componenti originali da quelli di restauro infiltrati.

Per fare un esempio le analisi di Kuhn, per altro validissime e ricche di informazioni nel 1981, sono state poi superate ed integrate dalle informazioni scaturite dalle analisi gascromatografiche con spettrometro di massa di Pancella e dalle misure spettrofluorimetriche della Gallone.

Così al termine del percorso analitico si può ben dire che le misure effettuate costituiscono oggi un quadro coerente ed integrato, in grado di descrivere la complessa stratigrafia dell' Ultima Cena.

Dal punto di vista fisico i rilevamenti ambientali hanno consentito, facendo anche ricorso a misure microanemometriche, alla elaborazione dei dati di temperatura con l'analisi di Fourier, al calcolo dell' umidità specifica, non solo di evidenziare i meccanismi fisici del degrado, ma anche di suggerire alcuni interventi successivi per il Refettorio, sia impiantistici che gestionali, in modo di ridurre le sensibili oscillazioni dell'umidità relativa e di quella specifica, legata quest'ultima principalmente all' afflusso non regolamentato dei visitatori. Alla luce di tali studi, le "vecchie" soluzioni tecnologiche, e cioè il riscaldamento radiante dal pavimento ricoperto da una moquette, l' unica porta di accesso e di uscita in comunicazione con la sala della biglietteria e l' illuminazione basata su lampade al tungsteno, si sono rivelate obsolete e dannose.

Come fu già per la ricerca relativa alla Cappella degli Scrovegni, la massima sinergia dei risultati sperimentali si è dispiegata tra tecniche di rilevamento microclimatico e misure dell'inquinamento atmosferico, consentendo così di far luce sui meccanismi di produzione, trasporto e deposizione del particellato sospeso all' interno della Sala e sulla superficie del dipinto.

In tal modo si può ben dire che l' ampia documentazione scientifica accumulata non solo ha permesso di caratterizzare i materiali e di identificare le cause del degrado, ma ha messo in evidenza i percorsi di una metodologia che in ampiezza di dati supera quanto già l' ICR aveva ottenuto dagli studi relativi alla Cappella degli Scrovegni in Padova.

I risultati analitici

L'incrocio delle tecniche microclimatiche e la colorazione selettiva delle sezioni stratigrafiche hanno consentito di identificare le procedure con cui Leonardo ha operato.

L' intonaco di preparazione dell'Ultima Cena è costituito principalmente da un impasto di granuli di calcite, brucite, feldspati  e quarzo, impregnati da un legante originale prevalentemente proteico (uovo), formando un fondo compatto oggi di colore giallino (anche per i leganti infiltrati), di spessore medio di mm. 1.5 , disteso sull' arriccio di fondo sono possibili infiltrazioni di colle e oli di restauro. In una ricerca non pubblicata nel presente volume (v. OPD/Restauro-1-1986), Matteini e Moles dell' OPD hanno individuato nello strato di preparazione, mediante FTIRS e test di colorazione di sezioni stratigrafiche:

a. una proteina solubile infiltrata nei cretti (colla animale di restauro)  

b. una proteina insolubile, un olio e un prodotto di saponificazione dell' olio con idrato di calcio all'interno dello strato preparatorio.

Tale prodotto di saponificazione non è stato individuato dagli altri ricercatori.  

Sulla preparazione è stato applicato uno strato di imprimitura sottile, di 10-20 micron di spessore, a tratti discontinuo, a base di biacca e leganti originali olio di lino e uovo (le analisi chimiche e strumentali non hanno potuto distinguere tra uovo intero e rosso d'uovo). Nelle vele e nelle lunette lo strato di imprimitura è assente ed è assente il legante proteico della preparazione; la composizione dell' arriccio e dell' intonaco di preparazione varia da zona a zona, sia per quanto riguarda la composizione dell'inerte, sia per quanto riguarda i rapporti legante/inerte.

La preparazione, nella parte alta del dipinto, per una cattiva adesione originaria all' arriccio, liscio e compatto in tale area, si è distaccata, determinando gravi ed estese perdite di pellicola pittorica. Sull' imprimitura di biacca della parete del Cenacolo, altamente riflettente, l' artista ha disteso gli strati di colore a secco, facendo ancora uso di uovo e olio di lino come leganti.

La scelta di una tecnica a tempera grassa ha avuto sicuramente motivazioni tecniche: la possibilità di dipingere con pennellate distese, di dosare trasparenza e riflettanza o opacità e coprenza degli strati, la facoltà di ritornare sul dipinto in tempi successivi anche dopo brevi interruzioni, aggiungendo ogni volta nuovi particolari e seguendo una meditata e progressiva ispirazione, la potenzialità di fare ricorso ad una più larga gamma di pigmenti, regolandone al meglio densità e miscelazione.

E' da pensare che la situazione del dipinto finito peggiorasse rapidamente per errati rapporti inerte-legante da una parte, e per fenomeni di elevata umidità ambientale dall' altra, motivando l' osservazione del De Beatis nel 1517, cui fece seguito la drammatica testimonianza del Vasari, nella sua visita del 1566.

Resta poi il problema delle gommoresine identificate da Pancella (gomma arabica, gomma di ciliegio) non indagabili invece per via spettrofluorimetrica.

La loro presenza potrebbe indicare l'utilizzo almeno parziale da parte di Leonardo di un legante più complesso con aggiunta di un componente, appunto la gommoresina, con funzione tissotropica ; tuttavia le gommoresine potrebbero anche essere state utilizzate come prodotti di restauro, come per esempio la gomma arabica miscelata con colla animale per dare un adesivo particolarmente tenace, o ancora la gomma arabica miscelata con olio o utilizzata da sola, in un solvente volatile,in funzione di vernice o di ravvivante.

II deterioramento precoce della struttura originale del dipinto ha determinato la formazione di una fitta e complicata rete di craquelures, per le quali si può ipotizzare quanto segue

  1. Le craquelures che formano un disegno poligonale, non orientato, con i tipici apici trinati, sembrerebbero potersi ricondurre a una essiccazione differenziata dei veri strati, per un errato rapporto legante/ inerte: più lenta quella dell' imprimitura e della preparazione, più veloce quella degli strati pittorici. Questa stessa causa può aver determinato il parziale distacco ed anche la caduta della pellicola pittorica, sotto forme di vere e proprie scaglie poligonali. L'incurvamento concoidale delle scaglie di colore potrebbe essere ricondotto a un errato procedimento di pulitura che avrebbe determinato un drastico "reforming" della pellicola pittorica e/o a un incauto tentativo di consolidamento o comunque di trattamento superficiale che avrebbero esercitato sforzi di ritiro sulla stesse isole di pellicola pittorica.
  2. Le craquelures a "disegno minuto" contenute nelle craquelures di cui al punto 1, sono tipiche di un lento, progressivo invecchiamento, nei tempi lunghi, dell' imprimitura e della preparazione, con parziale trasmissione degli sforzi anche agli strati di colore sovrapposti. La formazione di craquelures a disegno minuto potrebbe anche dipendere da una frammentazione provocata, secondo la restauratrice Barcilon, dall'uso di ferri caldi, con funzione lisciante-premente, durante un passato restauro.
  3. Craquelures con disegno poligonale, di grandi dimensioni, analoghe a quelle che si formano nel processo di "alligatoring" , sono dovute invece a tensioni trasmesse agli strati sottostanti da spessi strati di ridipinture sovrapposte nella loro fase di essiccazione-ritiro. Oltre a tali danni di natura meccanica vanno ricordati anche i distacchi, per carenza di adesione, della preparazione dall' arriccio e le fessurazioni determinate dalle sollecitazioni gravanti sulla struttura muraria (vedi paragrafo 4.).

La presenza di ridipinture dannose, offuscate e imbrunite da un naturale invecchiamento e da inglobamento di particellato sospeso, l'inquinamento diffuso dovuto ai materiali di restauro, anch'essi imbruniti e ingialliti, divenuti nel tempo fragili e tensionanti, nonchè i problemi di percezione  che ostacolavano una equilibrata fruizione ( determinati dalla presenza di colori di restauro prevalentemente scuri, opachi e di ridotta brillanza, svisanti completamente la concezione del dipinto, e dalla rete di craquelures inglobanti il particellato sospeso e scomponenti l' originale unità dei piani del colore in una artificiosa struttura bruno-nera a mosaico ) hanno costituito saldi punti di riferimento per motivare una certamente doverosa e urgente operazione di restauro. Prima e durante l' intervento le analisi chimiche e fisiche sono state estese naturalmente pressochè a tutti i materiali sovrammessi, compresi quelli delle numerose stuccature, aggiunte nei vari interventi del passato. Come è stato già accennato, la conoscenza dei materiali ha reso più agevole l' opera di pulitura, che ha tenuto presente alcuni punti fondamentali, prevalentemente di carattere chimico-fisico:

 a. Era necessario rimuovere, per quanto possibile, il particellato sospeso e i consolidanti - fissativi - protettivi -ravvivanti sovrammessi, ingialliti o imbruniti, che, come si è già accennato, costituivano, per il loro progressivo infragilimento, una causa di rischio per il dipinto.

b. Era necessario eliminare il reticolato di particellato sospeso infiltrato nella craquelures, andando a rimuovere contemporaneamente i fissativi, gli adesivi e i consolidanti che avevano inglobato il PST, con una minuziosa e capillare azione di pulitura, tenendo presente il punto successivo.

c. Era infine necessario utilizzare nell' azione di pulitura miscele solventi non reattive (per quanto possibile) , sempre a tampone e con estrema cautela, data P analogia chimica tra alcuni prodotti organici di restauro e i materiali originali, eseguendo anche un superficiale "reforming" dei materiali di restauro da eliminare.

Con altri intendimenti il "reforming" è stato eseguito anche sui residui di gomma lacca applicata dal Pelliccioli, per rinnovame le proprietà adesive su scaglie di pellicola pittorica parzialmente distaccata.

L'ambiente

Gli studi microclimatici dell' ICR e del CNR ICTIMA di Padova concordano nel mettere in evidenza i parametri e i meccanismi fisici che hanno concorso nell'incrementare il degrado del dipinto leonardesco. I punti salienti si possono così riassumere

  • a. Da un lato si sviluppavano all' interno del Refettorio oscillazioni sensibili dell' umidità relativa e specifica, dovute principalmente la prima a variazioni di temperatura nell' arco del giorno, la seconda al regime poco controllato di afflusso di visitatori, produttori di vapore acqueo e trasportatori di polvere dall' esterno.
  • b. Gradienti termici dovuti alle lampade a luce calda puntate sul dipinto e il riscaldamento invernale radiante dal pavimento rivestito di moquette determinavano rispettivamente sollecitazioni meccaniche della pellicola pittorica e la sospensione in aria del particellato sedimentato sul pavimento stesso.
  • c. I meccanismi di trasporto e di deposito degli inquinanti e più in particolare del PST ( vedi soprattutto, l' impattazione inerziale e il flusso di Stefan ) erano favoriti dalla distribuzione termica all'interno della Sala e dalla fluttuazione di concentrazione di vapore acqueo determinata, come si è detto, dal non regolamentato afflusso di visitatori.
  • d. In seguito alle cause sopradette intollerabili concentrazioni di particellato sospeso, notevolmente superiori rispetto ai corrispondenti livelli esterni, avevano modo di svilupparsi in tutto l' arco dei giorni di apertura al pubblico: a questa conclusione hanno portato le campagne di misura dell' ICR, dall' 84 all' 86 e dal 93 al 98, confermando e ampliando le prime analisi chimiche svolte da Marisa Tabasso dell' ICR nel lontano 1969.

Secondo il concetto di restauro preventivo, era evidente che l'intervento sul dipinto doveva svilupparsi alt interno di un progetto articolato, con lo scopo di realizzare contemporaneamente una migliore qualità ambientale.

Mentre alcuni provvedimenti potevano essere di tipo passivo, come l' adozione di lampade a luce fredda, l' asportazione della moquette, il trattamento del pavimento con vernici antipolvere e l' uso di tappeti Nomad lungo il percorso di accesso, nonchè il contingentamento dei visitatori, altri provvedimenti dovevano essere di tipo attivo, per

regolare la temperatura e l' umidità relativa dell' aria a contatto con il dipinto, agendo sull' aria in mandata nella Sala e nei percorsi di accesso e di uscita, e per mantenere le concentrazioni di PST mediamente entro 10 microgr/mc.

In modo particolare si deve ricordare che l'installazione di un percorso attrezzato di entrata e di uscita e di un impianto di condizionamento, nonchè il contingentamento dei visitatori si sono resi necessari anche a causa dell' utilizzo di colori reversibili all' acquerello per il restauro pittorico, che si scioglierebbero in presenza di fenomeni anche temporanei di condensa capillare sulla superficie del manufatto determinando immediatamente viraggi di colore e vere e proprie gore cromatografiche. Perciò sarà necessario considerare in futuro la situazione ambientale del Cenacolo come uno stato di equilibrio particolarmente delicato da mantenere e perseguire non solo con le soluzioni impiantistiche realizzate dall'ingegnere Gasparini, secondo gli standard e le modalità indicati in questo volume, ma anche applicando un protocollo di continuo controllo dell' ambiente e di programmata manutenzione degli impianti tecnici.

La muratura

La struttura muraria della parete del Cenacolo ha determinato due tipi di problemi, che hanno inciso negativamente sullo stato del dipinto:

  1. Un problema di degrado della pellicola pittorica, legato ad eventi di condensa fisica e capillare.
  2. Un problema di assestamenti e cedimenti strutturali della parete, vista nella sua funzione di supporto del dipinto leonardesco.

II primo problema è già presente nel 1566, nella espressione "macchia abbagliata" usata dal Vasari, in cui è evidente il riferimento all' aspetto di una superficie dipinta, ricoperta da un velo di umidità riflettente.

Nonostante che Domenico Pino descrivesse chiaramente il fenomeno di condensa in atto e ne indicasse le cause nel 1796 ( Storia genuina del Cenacolo, insigne dipinto da Leonardo da Vinci, nel refettorio dei Padri Domenicani di S. M. delle Grazie ), solo nel 1951 si installa, su progetto del Pro£ Gino Bozza del Politecnico di Milano, il pavimento con riscaldamento radiante, per la Sala del Cenacolo e l' ambiente retrostante.

In tal modo si realizzavano sufficienti condizioni di benessere microclimatico per il dipinto, anche con approssimativa equalizzazione dei parametri di temperatura e umidità relativa sui due lati della parete nord. Tuttavia l' Istituto Centrale del Restauro evidenziava alla fine degli anni '70 il pericolo insito nella ventilazione naturale della Sala, determinata dall' apertura della porta della biglietteria e delle finestre del muro occidentale : tale ventilazione incrementava infatti pericolosamente la diffusione degli inquinanti aerodispersi dall' esterno all' interno e velocizzava il meccanismo di impattazione inerziale del particellato sospeso.

Le campagne di misura attuate dall' ICR per il rilevamento degli inquinanti aerodispersi, che, come si è già detto, hanno fatto rilevare elevatissimi livelli di particellato sospeso all' interno della Sala, hanno dimostrato anche la necessità dell' installazione di un impianto di climatizzazione e trattamento dell'aria.Rimandando per le specifiche tecniche alla memoria dell' ingegnere Gasparini, si vuole solo ricordare che l'impianto equalizza e uniforma le condizioni termoigrometriche nei percorsi tecnologici attrezzati di entrata e di uscita dei visitatori a quelle specifiche della Sala, considerata come ambiente di riferimento.

Ciò comporta di conseguenza che il contingentamento dei visitatori dovrà essere rigidamente mantenuto (circa 60 visitatori/ora) , per evitare che si possano verificare fenomeni di condensa capillare e/o fisica e accumuli transeunti, ma non per questo meno dannosi, di particellato sospeso, nonchè meccanismi di trasporto degli inquinanti dovuti a flussi di vapore verso la muratura (v. meccanismo di Stefan ).

Per quanto riguarda il degrado strutturale della parete nord, analiticamente descritto dall’achitetto Ponticelli, sulla base del progetto del professor Migliacci e delle misure eseguite dalla ISMES tra il 1981 e il 1990, si vogliono qui solo porre due osservazioni metodologiche: 

  1. Una parte dei risultati sperimentali indica nei gradienti temporali e spaziali della temperatura della parete una delle cause del degrado strutturale e pertanto ciò significa che il condizionamento parallelo di entrambi i locali confinanti con la parete nord e il monitoraggio ambientale dovrà proseguire in futuro per la salvaguardia del dipinto.
  2. La fragile ed eterogenea composizione della parete del Cenacolo, costituita da materiali di risulta, e i difetti originari di adesione tra arriccio e intonaco di preparazione ne sottolineano la delicata situazione di equilibrio, per  cui il  monitoraggio strutturale dovrebbe proseguire, tenendo anche sotto controllo, con metodi optoelettronici, il quadro fessurativo del lato dipinto.

Conclusioni metodologiche.

Dall'insieme delle ricerche sin qui prospettate scaturiscono alcune conclusioni di carattere metodologico, che ci sembra opportuno sottolineare.

a. Gli studi  hanno chiaramente evidenziato la necessità di analizzare stratigraficamente,, non ,solo la successione dei pigmenti, ma anche la distribuzione dei leganti.

Solo in questo modo è possibile, da una serie di indizi, distinguere i materiali originali da quelli di restauro e quindi il reale procedimento operativo dell' artista.

Solo in questo modo è anche possibile indicare le tipiche successioni stratigrafiche ideate con precisi fini tecnici ed estetici ; in caso contrario la semplice identificazione della "paletta dell' artista" diventa una mera sequenza merceologica, di totale inutilità.

b. In futuro si dovrà sempre più puntare sui controlli non distruttivi come fase propedeutica alle analisi chimiche, in modo da razionalizzare e quindi ridurre al minimo i prelievi microdistruttivi.

Del pari sarà necessario sviluppare e perfezionare apparecchiature di analisi n.d. dei materiali organici, che potranno affiancarsi alle tecniche XRFS e EPMA, già così utili per i componenti inorganici.

c. II risanamento ambientale, perseguito attraverso una serie di soluzioni impiantistiche e gestionali, deve essere affiancato da una vigile azione di salvaguardia dell' opera d'arte e dell' ambiente-contenitore, programmando anche in modo rigoroso il contingentamento del pubblico, la manutenzione degli impianti, la gestione e il controllo delle apparecchiature di monitoraggio del microclima, della qualità dell'aria, e dei rilevamenti strutturali.

Al di là dunque di improduttive e alle volte fuorvianti polemiche, l'attenzione degli studiosi e degli addetti ai lavori si concentrerà in futuro per sempre meglio salvaguardare e sviluppare un così importante archivio di dati tecnici, storici e artistici quale è l' Ultima Cena, restituita dall' attuale restauro alla sua massima leggibilità e fruibilità, dopo cinque secoli di travagliato cammino.

 Analisi, misure e ricerche citate nel testo sono riportate integralmente nel volume pubblicato.

 

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