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Giuseppe Basile: Reconocido historiador y conservador del Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro

Inserito in Varie

Giuseppe Basile, reconocido historiador y conservador del Istituto Superiore per la Conservazione ed il restauro (órgano del Ministero per i Beni e le Attività Culturali de Italia), ofreció una conferencia-coloquio organizada por el IAPH y celebrada en sus instalaciones el pasado mes de julio.

El restaurador de los frescos de Giotto compartió con técnicos andaluces su experiencia sobre dos de sus célebres intervenciones en Italia - las pinturas murales de la Basílica de San Francisco en Asís y las de la Capilla Scrovegni en Padua – dimostrando come l’approccio metodologico brandiano sia risultato ancora valido nonostante la diversità dei 2 casi illustrati e come nuove tecnologie possano coesistere con quelle tradizionali se contribuiscono a migliorare i risultati degli interventi. Basile, autor de trabajos sobre teoría, historia y técnica de la restauración, ha colaborado además con el IAPH en el informe técnico de la capilla de los Mareantes en las obras de restauración del Palacio de San Telmo de Sevilla.

P.H.: Hace unos años, colaboró en la revista ph (nº 50, octubre 2004) con un artículo titulado Restauración e interdisciplinariedad, en el que destacaba las ventajas de la interdisciplinariedad, no sólo a nivel técnico sino también a nivel organizativo y de gestión, en el trabajo de restauración poniendo como ejemplo la intervención llevada a cabo en el conjunto basilical de San Francisco, en Asís, tras los daños producidos por el terremoto de 1997. ¿Qué condiciones deben darse para que exista una verdadera interdisciplinariedad? 

G. B. : Fondamentalmente tre: un approccio condiviso ( evidentemente di tipo storico) tra le varie professionalità che fanno parte dell’équipe di lavoro, di modo che non insorgano conflitti di competenza o problemi di incompatibilità in corso d’opera; una reale professionalità specialistica di ciascuno dei partecipanti, meglio se accompagnata da concrete esperienze di lavoro; una prassi consolidata di lavoro interdisciplinare ( tipo ICR o IAPH, per capirci) o, quanto meno, la presenza di un coordinatore di grande esperienza e autorevolezza

P.H.: En ese mismo artículo afirmaba que eran muy numerosos los casos de intervenciones no planteadas con ese enfoque interdisciplinar en un mundo cada vez más fraccionado en especialidades. ¿Cómo cree que ha evolucionado la práctica de la restauración en estos años respecto a la deseada interdisciplinariedad que usted propugna?

G.B. :  La interdisciplinarietà richiede innanzitutto una capacità di visione generale dei problemi da affrontare che una società come quella attuale, “destrutturata” e “liquida”, non può ( anche se lo volesse) garantire, dato che gli strumenti formativi del passato, in particolare la famiglia e le scuole di ogni tipo ( pubbliche, private, laiche, religiose, partitiche etc.), rappresentano solo alcune delle varianti, e non quelle decisive, nella formazione dell’individuo, il quale può seguire (e generalmente segue) percorsi del tutto personali e “atipici”. Inoltre pesa negativamente la tendenza, da parte di alcune delle componenti professionali dell’équipe, in particolare quella scientifico-tecnologica, a prevaricare sulle altre, forte anche di un sostegno economico e mediatico cui difficilmente le altre possono fare ricorso  

P.H.: Otro de los aspectos relacionados con la restauración que usted destaca es la importancia de acercar el trabajo de los restauradores al público general para el fomento del cuidado de los bienes culturales. La exposición de la que usted fue comisario que llevaba por nombre Los colores de Giotto (abril-septiembre 2010) estaba concebida para dar a conocer el Giotto que hoy vemos en Asís, tras la restauración, y cómo era el Giotto original. En esta exposición el espectador pudo pasear por los andamios utilizados por los restauradores para ver de cerca el ayer y hoy de las escenas realizadas por Giotto. Desde su punto de vista, ¿cómo se avanza en la dimensión social divulgativa de la labor de intervención sobre los bienes culturales?

G.B. : Soprattutto cercando di fare capire concretamente a chi non è del mestiere quanta attenzione,  lavoro, impegno ci vuole per realizzare correttamente un restauro, mentre l’opinione pubblica non specialistica è portata a pensare, principalmente per colpa dei mass media, che il restauro è un’attività miracolosa, quindi gratificante per chi la fa e, in qualche modo (quanto meno inconsciamente) non bisognosa di particolare attenzione, nè a livello tecnico- organizzativo nè a livello economico.  

P.H.: En esa exposición, para lograr ese “viaje en el tiempo” hasta Giotto, se utilizaron avanzadas tecnologías añadiendo, sobre la base de una fotografía del estado actual de la imagen, los oros y azules característicos de Giotto. Tecnologías que también se aplicaron durante la anterior intervención, que sirvieron a la localización y acople de miles de fragmentos de los frescos de las bóvedas de la basílica destruidas por el terremoto a través de la reconstrucción digital. De esta forma, en la conferencia dada en el IAPH explicó cómo el avance tecnológico está revolucionando la metodología y las formas de restauración. ¿A qué nivel de desarrollo tecnológico y de aplicación cree que están en España las instituciones públicas que trabajan en el campo de la restauración? ¿y en Andalucía?

G.B. : In realtà, se si parla della mostra, il restauratore Fabio Fernetti, che è anche un bravissimo pittore “all’antica”, ha utilizzato pennelli e colori oltre che oro in polvere, cioè i più artigianali strumenti del mestiere di pittore: del resto, come hanno dimostrato altri esperimenti (per esempio la Grande Crocifissione di Cimabue anche essa nella Basilica di Assisi) lo strumento informatico non sarebbe stato in grado di rendere le raffinatezze dei colori di Giotto come è stato possibile, invece, impiegando appunto pigmenti e utensili tradizionali.

Quanto alla ricomposizione dei frammenti della Basilica di Assisi, la maggior parte del lavoro è stata fatta in maniera tradizionale, cioè a dire cercando di identificare i frammenti utilizzando  la capacità di individuazione dell’occhio e l’esperienza dei materiali costitutivi dell’opera. In questo modo sono stati ricomposti gli 8 Santi dell’arcone d’ingresso, la vela di S. Girolamo, la vela stellata e, parzialmente, la vela di S. Matteo.

Il sistema informatico è stato creato e utilizzato solo a fini sperimentali e, sotto questo aspetto, ha costituito un grande successo, perchè è stata la prima volta al mondo che si è riusciti a realizzare un soft di quel tipo . Ai fini pratici però non è stato, e non poteva essere, di grande aiuto perchè la percentuale di frammenti recuperati della vela di S. Matteo è stata bassissima e, soprattutto, non sono stati recuperati perchè distrutti nell’urto elementi importanti come il volto, le mani e così via.

P.H.: Usted ha colaborado como asesor técnico externos en el proyecto de las obras de restauración del Palacio de San Telmo a cargo del IAPH. ¿Cómo valoraría los trabajos y resultados alcanzados?

G.B. : Ritengo che si tratta di uno degli esempi più riusciti tra tutti i casi in cui si tratta di raggiungere un difficilissimo equilibrio tra il rispetto del monumento nella sua stratificazione storica ed il raggiungimento di un nuovo status fisico, formale e funzionale, con tutto quello che comporta la nuova destinazione d’uso dell’edificio: smentendo così nei fatti tutti coloro che, per ignoranza o pigrizia o altro ancora, tentano di accreditare la tesi della inattualità del restauro quale attività fondamentalmente critica, potendo anche essere – come in questo caso – coraggiosamente critica.  

P.H.: Las catástrofes naturales son las causantes de la destrucción y pérdida de gran parte del patrimonio cultural de los países, como fue el caso del ocurrido en Asís en 1997. Según su experiencia, ¿cuáles son las principales carencias que tienen los Estados para responder a este tipo de situaciones y la recuperación de los bienes patrimoniales dañados?

G. B. : tralasciando il discorso più generale sulle catastrofi naturali e occupandoci in particolare di patrimonio culturale, anche alla luce della mia lunghissima esperienza di emergenze a carattere sismico ( Valle del Belice,1968; Friuli, 1976; Campania e Irpinia, 1980; Umbria e Marche, 1997; L’Aquila, 2009), direi che la carenza più grave è costituita dalla quasi completa assenza di una cultura della prevenzione o comunque della volontà politica di mettere in opera preventivamente quegli strumenti che consentano quanto meno di ridurre i danni. Per fare questo bisognerebbe innanzitutto avere una conoscenza specifica del territorio in modo da potere monitorare le zone a rischio. É ovvio che in territori così intensamente dotati di Beni Culturali, come l’Italia o la Spagna, sarebbe irrealistico pensare di poterli tenere tutti sotto osservazione continua, ma è anche vero che, almeno su quelli più a rischio, ciò dovrebbe potersi fare, così come sarebbe possibile costituire e istruire squadre di pronto intervento volontario in grado di intervenire da subito in modo da ridurre la quantità dei danni imputabili alla ignoranza o inesperienza di chi si offre come volontario (come succede per l’assistenza alle persone vittime di calamità). Proprio in occasione del sisma di Assisi sono state sperimentate positivamente tali forme di collaborazione con gli organismi responsabili della tutela dei Beni Culturali e messi conseguentemente a punto gli strumenti di attuazione pratica (schede, corsi di addestramento, etc.), purtroppo ignorati in occasione del recente sisma dell’Aquila. 

Come è noto, l’Istituto centrale del restauro ha dato diversi contributi in  questo  campo:  il Piano pilota per la Programmazione programmata in Umbria (1975), la mostra Prevenzione del rischio sismico: termini del problema ( 1983), la Carta del rischio del Patrimonio culturale ( 1996), la Guida al recupero, ricomposizione e restauro di dipinti murali in frammenti ( 2001) 

P.H.: El pasado mayo, el Estado italiano aprobó la polémica ley del federalismo demaniale (que puede traducirse como federalismo de las posesiones públicas), por la cual puede ceder a las comunas y regiones del país parte de sus recursos naturales y patrimoniales, con la posibilidad de que sean vendidos a privados, siempre que los ingresos percibidos en la operación sirvan para reducir la deuda pública del país. ¿Cuáles cree que serán las repercusiones inmediatas y a largo plazo sobre el patrimonio cultural y natural de Italia? ¿Cuál es su opinión al respecto?

G. B. : tutti coloro che, come me, hanno a cuore le sorti del Patrimonio Culturale sono profondamente preoccupati perchè si è già avuto esperienza di quello che sono in grado di fare i Comuni e gli altri Enti locali a danno dei Beni culturali ricadenti nei territori di loro competenza nonostante l’opera di contrasto giornaliero degli Uffici statali di tutela (le Soprintendenze): se si aggiunge il fatto che i Comuni non hanno più entrate proprie nè rimesse da parte dello Stato centrale per i noti problemi di crisi economica, allora si prospetta uno scenario disastroso, a meno che non si riesca a fermare questo pseudo federalismo padano. Anche perchè è da tempo immemorabile che ci impongono tasse su tasse “per ridurre il debito pubblico” che invece cresce di anno in anno.  

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